Esiste una forma di conoscenza che trascende il pensiero, le parole e il sentimento: la musica.
L’arte musicale è diventata una sorta di filosofia universale unica nel suo genere e la bellezza sonora offre una rara forma di trascendenza.
Oggi che tutti usano le stesse tecnologie, gli stessi software, le stesse armonie, la musica prodotta è diventata irrimediabilmente piatta, a tal punto da diventare inascoltabile; ma voglio credere che la natura prima o poi rimetterà le cose a posto.
L’essere umano ha un’anima che percepisce il mondo in modo diverso da come la nostra mente lo interpreta; misuriamo, segmentiamo, ingabbiamo la realtà in sistemi euclidei di linee rette perché ci rassicura, mentre dovremmo accettare i nostri limiti: non solo non possiamo spiegare tutto, ma è l’asimmetria della natura ciò cui l’uomo risponde meglio;
lo stesso vale per la musica.
Sono le piccole stonature, uno pianoforte un po’ scordato,
l’errore,
a dare vita alle interpretazioni più interessanti.
Lentamente sono diventato un tecnico del suono oltre che un compositore e, in questo momento storico, sono convinto che l’analogico sia la scelta tecnologicamente più avanzata.
Ricordo quando incidevo i miei primi brani al pianoforte con il registratore a nastro posizionato nella cassa armonica dello Stainway di mio padre; dopo tre decenni ho ritrovato tutti i nastri e, credetemi, riascoltarmi è stato davvero sorprendente: già a otto anni mi divertivo a intrappolare sulle mie musicassette voci e parole, suoni e vita; ho anche ritrovato una cassetta analogica contenente suoni di campagna, suoni della natura incontaminata, poesie dell’aria anni ottanta.
Lo so, ne ho fatte tante, ma una cosa è certa, ho sempre ricercato qualcosa di raro,
mai banale.
Le idee, le grandi idee, si hanno solitamente in quei rari momenti in cui si riesce ad ottenere una forte concentrazione di energia, ma la quantità e la qualità di concentrazione sono inversamente proporzionali all’età fisiologica che, il più delle volte, sembra andare a braccetto con quella anagrafica.
L’importante è averle avute quelle idee, quelle intuizioni che sono all’origine di scelte di vita o di precise concezioni etiche o estetiche, ed averle in qualche modo nutrite e coccolate con l’andare degli anni può aver portato i suoi frutti.
Questo non vuol dire che un essere umano come me, dai quarant’anni in poi, non possa più avere idee illuminanti,
dico solo che inizia ad essere più complicato.
Io comunque continuo per la mia direzione ostinata e contraria, cercando di farvi ascoltare musica anarchica per il sol motivo di emozionarvi.
Il 21 dicembre 2022, a un anno esatto dalla realizzazione del disco RAGGI DI SOLE, annuncerò il titolo del mio prossimo singolo, composizione cardine del percorso intrapreso da dodici mesi a questa parte.
Perché scrivo?
per paura.
Scrivo per paura che si perda il ricordo della vita che ho vissuto,
per paura che si perda il ricordo di un’emozione provata,
per paura che la notte oscuri i miei pensieri,
o solo per avere una storia da raccontare alle mie due figlie gemelle quando dovranno addormentarsi;
oppure scrivo per scivolare in un torrente di parole poco chiare e sgrammaticate che mi proteggano dalla banalità, dalla riconoscibilità, dalla controllabilità e soprattutto dalla ricattabilità.
Il mondo va verso l’autodistruzione, ed io ho le capacità di distrarre la mia attenzione da tutto questo scrivendo e suonando il pianoforte, ma devo ammettere che questa mia posizione mira soprattutto a salvare me stesso;
insomma, cerco di essere un semplice scrittore di parole e note schiacciate dallo strapotere dei “veri” scrittori e dei “veri” musicisti.
Ma la verità esiste?
Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi.
Ormai viviamo tutti al centro di un’immensa e dolorosa morte dei sentimenti e io ho tentato più volte di descriverla con le mie composizioni al pianoforte.
Trent’anni fa si poteva sperare di cambiare il mondo, di avere una giustizia sociale e un’opposizione seria al sistema, oggi, purtroppo, non ci resta che la rassegnazione davanti a un mondo che semmai è cambiato in peggio, a una giustizia e a un’opposizione fantasma che lacera ogni speranza.
Visione pessimistica la mia? no, perché c’è la musica a render tutto meno osceno,
c’è la musica a rendere il tutto meno amaro, a ridare luce alle oscurità dell’esistenza terrena.
Come si può essere ottimisti?
provo a spiegarvelo io: sul finire degli anni novanta, la gente aveva perso il senso della propria dignità a tal punto da vivere in una specie di limbo, dove nessuno aveva più voglia di protestare, figuriamoci poi di ribellarsi,
e non c’è niente di più idoneo di questo status perché il potere possa compiere i propri misfatti nella più assoluta impunità.
Questa rassegnata abulia che coinvolgeva anche professionisti di alto rango, si è sempre scontrata contro il mio modo di pensare e soprattutto di agire, ecco allora che ho cominciato a studiare, leggere, capire.
Io scriverò e suonerò sempre a modo mio, senza regole, in nome di una giustizia che fa fatica a prevalere sui poteri forti, sui soprusi, sulle ipocrisie della società moderna, ma soprattutto suonerò per dar speranza ai sentimenti martoriati dalla gente che non sa provare più alcuna emozione; ecco che allora ho realizzato il mio ultimo disco intitolato RAGGI DI SOLE, esplosione di suoni alla ricerca di un mondo migliore.
Una volta a scuola mi chiesero cosa avrei voluto essere da grande,
io risposi: “vorrei essere un emozionatore”, il professore mi osservò perplesso ed esclamò: “Stea, che hai detto?” io ripetetti: “vorrei essere un e-mo-zio-na-to-re”, lui mi guardò stizzito e disse che non era una risposta degna della domanda, e io, davanti a tutti, replicai che forse non stavo dialogando con una persona cosciente del valore intrinseco della vita.
Per poco non fui sospeso,
peccato,
ci avrei provato gusto.
C.S.
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