Il brano della speranza,
il brano della luce.
Raggi di sole dà il titolo al quinto disco di Claudio Stea e a questa composizione che rappresenta un inno di rinascita verso ciò che di più bello la vita ci offre.
Con la partecipazione di Claudia Mauro al flauto e Ana Maria Focsa nel videoclip ufficiale.

Esiste una forma di conoscenza che trascende il pensiero, le parole e il sentimento: la musica.
L’arte musicale è diventata una sorta di filosofia universale unica nel suo genere e la bellezza sonora offre una rara forma di trascendenza.
Oggi che tutti usano le stesse tecnologie, gli stessi software, le stesse armonie, la musica prodotta è diventata irrimediabilmente piatta, a tal punto da diventare inascoltabile; ma voglio credere che la natura prima o poi rimetterà le cose a posto.
L’essere umano ha un’anima che percepisce il mondo in modo diverso da come la nostra mente lo interpreta; misuriamo, segmentiamo, ingabbiamo la realtà in sistemi euclidei di linee rette perché ci rassicura, mentre dovremmo accettare i nostri limiti: non solo non possiamo spiegare tutto, ma è l’asimmetria della natura ciò cui l’uomo risponde meglio;
lo stesso vale per la musica.
Sono le piccole stonature, uno pianoforte un po’ scordato,
l’errore,
a dare vita alle interpretazioni più interessanti.
Lentamente sono diventato un tecnico del suono oltre che un compositore e, in questo momento storico, sono convinto che l’analogico sia la scelta tecnologicamente più avanzata.
Ricordo quando incidevo i miei primi brani al pianoforte con il registratore a nastro posizionato nella cassa armonica dello Stainway di mio padre; dopo tre decenni ho ritrovato tutti i nastri e, credetemi, riascoltarmi è stato davvero sorprendente: già a otto anni mi divertivo a intrappolare sulle mie musicassette voci e parole, suoni e vita; ho anche ritrovato una cassetta analogica contenente suoni di campagna, suoni della natura incontaminata, poesie dell’aria anni ottanta.
Lo so, ne ho fatte tante, ma una cosa è certa, ho sempre ricercato qualcosa di raro,
mai banale.
Le idee, le grandi idee, si hanno solitamente in quei rari momenti in cui si riesce ad ottenere una forte concentrazione di energia, ma la quantità e la qualità di concentrazione sono inversamente proporzionali all’età fisiologica che, il più delle volte, sembra andare a braccetto con quella anagrafica.
L’importante è averle avute quelle idee, quelle intuizioni che sono all’origine di scelte di vita o di precise concezioni etiche o estetiche, ed averle in qualche modo nutrite e coccolate con l’andare degli anni può aver portato i suoi frutti.
Questo non vuol dire che un essere umano come me, dai quarant’anni in poi, non possa più avere idee illuminanti,
dico solo che inizia ad essere più complicato.
Io comunque continuo per la mia direzione ostinata e contraria, cercando di farvi ascoltare musica anarchica per il sol motivo di emozionarvi.

Perché scrivo?
per paura.
Scrivo per paura che si perda il ricordo della vita che ho vissuto,
per paura che si perda il ricordo di un’emozione provata,
per paura che la notte oscuri i miei pensieri,
o solo per avere una storia da raccontare alle mie due figlie gemelle quando dovranno addormentarsi;
oppure scrivo per scivolare in un torrente di parole poco chiare e sgrammaticate che mi proteggano dalla banalità, dalla riconoscibilità, dalla controllabilità e soprattutto dalla ricattabilità.
Il mondo va verso l’autodistruzione, ed io ho le capacità di distrarre la mia attenzione da tutto questo scrivendo e suonando il pianoforte, ma devo ammettere che questa mia posizione mira soprattutto a salvare me stesso;
insomma, cerco di essere un semplice scrittore di parole e note schiacciate dallo strapotere dei “veri” scrittori e dei “veri” musicisti.
Ma la verità esiste?
Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi.
Ormai viviamo tutti al centro di un’immensa e dolorosa morte dei sentimenti e io ho tentato più volte di descriverla con le mie composizioni al pianoforte.
Trent’anni fa si poteva sperare di cambiare il mondo, di avere una giustizia sociale e un’opposizione seria al sistema, oggi, purtroppo, non ci resta che la rassegnazione davanti a un mondo che semmai è cambiato in peggio, a una giustizia e a un’opposizione fantasma che lacera ogni speranza.
Visione pessimistica la mia? no, perché c’è la musica a render tutto meno osceno,
c’è la musica a rendere il tutto meno amaro, a ridare luce alle oscurità dell’esistenza terrena.
Come si può essere ottimisti?
provo a spiegarvelo io: sul finire degli anni novanta, la gente aveva perso il senso della propria dignità a tal punto da vivere in una specie di limbo, dove nessuno aveva più voglia di protestare, figuriamoci poi di ribellarsi,
e non c’è niente di più idoneo di questo status perché il potere possa compiere i propri misfatti nella più assoluta impunità.
Questa rassegnata abulia che coinvolgeva anche professionisti di alto rango, si è sempre scontrata contro il mio modo di pensare e soprattutto di agire, ecco allora che ho cominciato a studiare, leggere, capire.
Io scriverò e suonerò sempre a modo mio, senza regole, in nome di una giustizia che fa fatica a prevalere sui poteri forti, sui soprusi, sulle ipocrisie della società moderna, ma soprattutto suonerò per dar speranza ai sentimenti martoriati dalla gente che non sa provare più alcuna emozione; ecco che allora ho realizzato il mio ultimo disco intitolato RAGGI DI SOLE, esplosione di suoni alla ricerca di un mondo migliore.
Una volta a scuola mi chiesero cosa avrei voluto essere da grande,
io risposi: “vorrei essere un emozionatore”, il professore mi osservò perplesso ed esclamò: “Stea, che hai detto?” io ripetetti: “vorrei essere un e-mo-zio-na-to-re”, lui mi guardò stizzito e disse che non era una risposta degna della domanda, e io, davanti a tutti, replicai che forse non stavo dialogando con una persona cosciente del valore intrinseco della vita.
Per poco non fui sospeso,
peccato,
ci avrei provato gusto.
Non mi interessa più il consenso.
Sono sincero,
ho perso quella voglia intrinseca di piacere.
Certe volte ciò che per pochi può sembrare nobiltà d’animo appare alla gente comune come incomprensibile,
e la gente comune finisce per snobbare ciò che non comprende.
La sottrazione è un’operazione a cui io tengo parecchio, forse in controtendenza con la contemporaneità che invece vede l’addizione come obiettivo di tutti noi, come se l’arricchimento fosse aggiungere.
Ci sono quattro cose che non tornano più indietro: una pietra dopo averla lanciata, una parola dopo averla detta, un’occasione dopo averla persa
e il tempo dopo essere stato sprecato.
Io amo il suono dell’onestà,
l’elettricità dell’aria in attesa della pioggia,
le prove di volo delle foglie,
il vento in tutte le sue traduzioni,
il crepitio di certi pensieri fecondi.
Non ho più paura di essere giudicato,
di essere valutato.
Ho trascorso 32 dei miei 42 anni viaggiando nel treno della dimostrazione,
dell’esame,
del giudizio,
e a cosa è servito?
è servito ad avere più certezze su chi sono veramente, rimanendo lo stesso di un tempo, determinato e privo di timori sul confronto.
Ognuno è differente dall’altro,
non c’è gara che dimostri il contrario,
non esiste terzo che possa dirmi cosa è sbagliato e cosa è giusto, perché io so cosa sto facendo e lo faccio meglio che posso.
Il cuore di un musicista anarchico sanguina sempre,
il mio perchè sono consapevole che l’anarchia è solo pura utopia
e perchè il mondo che osservo con i miei occhi non mi piace e lo vorrei diverso;
vorrei che nessuno fosse padrone e che nessuno fosse più servo,
vorrei che l’uomo riuscisse finalmente ad autogestirsi e a collaborare con gli altri,
vorrei non avere più nessun uomo politico,
che gestisca il mio futuro e quello di migliaia di altre persone.
Vorrei che nessuno sia più mercenario di guerra al servizio del potere.
Vorrei che l’uomo non avesse più inibizioni come una legge imposta dall’alto
e che l’unica legge fosse la nostra morale.
Vorrei che la gente smettesse di credere in valori sbagliati come il consumismo.
Vorrei che l’uomo fosse finalmente libero.
Ho un debole per la buona educazione e per la gentilezza,
mi piacciono le persone umili e i portatori di bene;
lo so, non è facile incontrare persone così,
ma quando accade bisogna tenersele strette.
Ho come l’impressione di vivere in un paese senza memoria,
il che equivale a dire senza storia.
La gioventù moderna spesso rimuove il proprio passato,
lo perde nell’oblio di una musica priva di significato,
annotandosi sul quaderno solo ricordi frammentari che potrebbero far comodo per un’eventuale interrogazione scolastica.
Spesso mi sento tra le corde di in un paese circolare, gattopardesco,
in cui tutto cambia per restare com’è.
Nessun fenomeno in cui metta mano l’uomo può essere definito naturale,
perché l’uomo è dotato di intelligenza e di memoria, e qualsiasi gesto o azione compia diventa necessariamente un fatto culturale.
Probabilmente anche il sogno è frutto di stratificazioni di memorie lontane apparentemente cancellate; e poi, soprattutto, il sogno può essere la proiezione fantastica di un desiderio;
la vita è fatta anche di desideri, quindi il risultato è che non esiste antitesi fra vita e sogno.
Questo penso egregio lettore.
Come sempre scrivo di notte, mentre tutti dormono e la luce del silenzio illumina la luna.
Io ho studiato greco e latino, e ritengo che il possedere una cultura umanistica,
consiste proprio nella consapevolezza di voler affermare i valori umani, i diritti, la dignità spirituale, morale ed artistica degli individui, senza restrizioni di tempo e di luogo, e tanto meno di tendenza.
Ho scritto poi, una tesi sull’umanesimo integrale di Jacques Maritain all’università, perché ho sempre amato la filosofia.
Una cultura umanistica intesa in senso lato, e non ristretta in un periodo storico-letterario preciso, è un atteggiamento mentale di apertura ad ogni espressione evolutiva dell’uomo e non può essere che relativista,
tanto più in campo artistico.
Come sapete, io compongo musica prima di tutto per me,
poi per gli altri,
raccontando ciò che provo attraverso le note;
il maestro Morricone mi disse che avrei dovuto proseguire il mio percorso musicale solo se sapevo bene dove andare, e le sue parole non furono mai dimenticate.
Io so cosa voglio e dove voglio andare.
Sono 35 anni che procedo in questo universo di note e ipocrisie e non ho intenzione di fermarmi.
Spesso sento l’esigenza di condividere anche con voi le mie opere musicali,
lo ammetto.
Non essendo infiniti, onnipotenti, gli uomini hanno bisogno gli uni degli altri.
La solidarietà e la compassione costituiscono una necessità.

Raggi di sole,che bel brano, che belle emozioni provate,

sensazioni che solo con un momento di vera solitudine potevan venire fuori.
Si,
riguardo la solitudine, io penso che non consista nello stare soli, ma piuttosto nel non sapersi tenere compagnia;
chi non sa tenersi compagnia difficilmente la sa tenere ad altri.
Io su questo non ho mai avuto problemi.
Forse perché sono figlio unico,
come dice mia madre: “sei uno, ma ne vali cento!”,
già, alle volte gioco con le mie personalità multiple,
uno, nessuno, centomila me sfuggono spesso ai miei occhi e soprattutto agli occhi del mio specchio.
Spesso mi guardo partire, lottare, pagare, suonare.
L’uomo tende ad addormentarsi nella propria normalità e si dimentica di riflettersi,
perde l’abitudine di giudicarsi,
non sa più chiedersi chi è,
e allora che va creato in maniera artificiale una sorta di “stato di emergenza”:
a crearlo ci pensano i compositori per pianoforte e i poeti,
questi eterni sognatori che la notte del primo dicembre 22 scrivono considerazioni senza freno,
questi campioni della parola.
Questi professionisti della “furia filosofica”.
Ultimamente sto leggendo tantissimo.
Molte parole, concetti,
studi filosofici.
Ciò che rimane nella testa poi si espande nelle mie scritture notturne,
le stesse che leggete di sfuggita sui miei post.
Dicono che sia meglio rimanere dove tutto è reciproco ed io tento di farlo ogni qualvolta i miei pensieri decidono di uscire dalla mia testa dissipando ogni perplessità;
la notte mi ricopre di pensieri che poi travaso su pagine vuote,
come un calice di vino diffuso sulla tovaglia bianca,
come una musica di Chopin che rimane nelle tue dita mentre componi un nuovo brano al pianoforte.
Oggi,
la risposta della gente a chi ci opprime è che ognuno si fa i fatti suoi,
nei limiti in cui il potere glielo consente.
Io,
come gli altri,
venticinque anni fa avrei potuto occuparmi di argomenti più scottanti, invece, componevo brani al pianoforte.
Stanotte ne ho composto un altro.
Si intitola “Notte celeste”, ed è dedicato a mia figlia.
Magari un giorno, ve lo farò ascoltare.
In fila ci sono davvero tante, tante belle registrazioni che lentamente pubblicherò.
La promozione del mio disco va a gonfie vele.
Sono arrivato a metà del mio cammino.
Dal giorno 21.12.21 ho pubblicato sette singoli,
1. Il sogno di Layla
2. Gli occhi di Edmea
3. Sun
4. Sinestesie di un’alba
5. Sallyriver
6. Il cigno sulla luna
7. RAGGI DI SOLE.
Nelle prossime ore proseguiranno le pubblicizzazioni della mia ultima creazione che poi, dà il titolo al disco.
Spero che sin ora abbiate gradito ascoltare le mie note inedite.
Raggi di sole è un brano di speranza, anche se non nascondo di temere ogni tanto il futuro;
se mi spavento è perché mi chiedo come vivranno le mie figlie tra cinquant’anni.
La politica governativa si è impadronita di qualsiasi espressione umana,
ha ucciso ogni speranza e rappresenta la parte più bieca dell’essere.
Poi ci siamo noi suonatori, che anni fa avremmo potuto stimolare di più la protesta contro il sistema politico malato,
poi c’è la tivù che, salvo rarissime occasioni, fa di tutto per distruggere l’intelligenza della gente, addormentandoci tutti con i suoi programmi di una ignoranza imbarazzante.
Non sono un sognatore illuso,
non lo sarò mai.
Ho il virus della realtà.
C’è chi dice che il compito di far sognare il prossimo sia attribuito ai suonatori,
ma allora,
chi resta a raccontarci la realtà?
i giornali?
Io non vendo sogni,
i sogni si sognano,
la realtà si racconta.
La realtà che circonda me e la musica è totalmente disdicevole.
La falsità dilaga.
I sentimenti sono fantasmi alla ricerca di distrazioni.
Poi ci sono gli amici,
certamente l’amico vero non ha bisogno di leggere delle frasi importanti per sentirsi stimato e per sapere che gli vogliamo bene, ma ogni tanto è bello far sentire il proprio calore nei suoi confronti, anche in modo diverso e più raffinato,
magari in un’occasione particolare o semplicemente perché in quel momento vogliamo ribadire quanto sia importante per noi.
Molte persone entreranno ed usciranno dalla nostra vita, ma soltanto i veri amici lasceranno impronte sul nostro cuore.
Ultimamente ne ho avuto conferma.
Una volta un amico mi scrisse sul diario scolastico queste parole:
“Non camminare dietro a me,
potrei non condurti.
Non camminarmi davanti,
potrei non seguirti.
Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico,
per sempre.”
Beh nulla è mutato con lui da allora.
La felicità dipende dalla prospettiva attraverso la quale tu guardi la vita.
Rispondere ad un sorriso, compartecipare al dolore di un vittima dell’ingiustizia, capire chi soffre per fame, per odio o per amore profondo, aiutare a capire chi ancora non riesce a concepire la fratellanza, condividere il pensiero del diverso, penetrare a fondo nell’animo di chi non riesce a comunicare, fare l’elemosina al povero miliardario e gioire della gioia del poeta che gode per la nascita policroma di un umile fiore di campo, ascoltare la musicalità di una bimba gemella che piange per un giocattolo a forza asportato dalle mani della sorella, gioire col mondo al sorgere del sole, questo offre un senso alla vita.
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